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Campagna vaccinale: quando le promesse di libertà e gratuità si scontrano con la realtà

Intervento di Luca Teodori a Non è l’Arena. Trieste, Piazza Unità d’Italia. 20 ottobre 2021

Il primo intervento pubblico e la questione politica sollevata

Durante il mio primo intervento in una trasmissione nazionale, posi subito una questione politica fondamentale: l’incoerenza tra ciò che il Parlamento aveva stabilito e ciò che poi venne effettivamente messo in pratica riguardo alla campagna vaccinale anti-Covid. Il 2 dicembre 2020, in occasione delle comunicazioni del ministro Roberto Speranza al Senato della Repubblica, venne approvata da 255 senatori su 258 presenti, con consenso trasversale tra tutti i gruppi politici, una mozione che garantiva tre punti cardine: la campagna vaccinale sarebbe stata gratuita, informata e libera.

La realtà dei fatti: profitti farmaceutici e libertà d’informazione limitata

Quello che seguì nei mesi successivi, però, smentì le promesse iniziali. Lo Stato, anziché preservare il principio della gratuità come garanzia di equità, favorì profitti enormi per le case farmaceutiche, che accumularono guadagni miliardari grazie ai fondi pubblici destinati ai vaccini. Inoltre, la libertà di informazione fu limitata: il dibattito pubblico sui vaccini rimase, dal marzo 2020 fino al luglio 2021, praticamente a senso unico. Le voci critiche vennero oscurate o ridotte al silenzio, in nome di una narrazione univoca che mirava a spingere verso la vaccinazione di massa senza lasciare spazio a dubbi o alternative.

Da libertà a obbligo: un cambio di rotta nella gestione della campagna

Anche il principio della libertà venne rapidamente accantonato. Quella che doveva essere una scelta consapevole e volontaria divenne, di fatto, una scelta obbligata. Con l’introduzione di certificati, restrizioni e obblighi, molte persone si trovarono costrette a vaccinarsi per non perdere l’accesso a spazi pubblici, opportunità di lavoro e libertà di movimento. L’imposizione dell’obbligo, mai previsto nella mozione iniziale, segnò un drastico cambio di rotta.

I segnali premonitori: il dibattito in Senato e l’intervento dei militari

È interessante notare che già durante il dibattito in Senato emerse la prospettiva di un intervento delle forze militari per accelerare la campagna vaccinale, ancor prima della nomina del generale Figliuolo a commissario straordinario. Inoltre, il Senato fu informato dell’eventualità di una vaccinazione obbligatoria per i cittadini più riluttanti, che costituivano circa il 37% della popolazione. Una parte dei “parlamentari sovranisti” espresse preoccupazioni riguardo al ritardo dell’Unione Europea rispetto alla Gran Bretagna nel rendere il vaccino disponibile su larga scala.

Un bilancio critico sulla gestione della campagna vaccinale

Questo confronto con altri Paesi europei e con il Regno Unito rappresenta un altro capitolo complesso, in cui l’efficacia della gestione vaccinale viene messa in discussione, sollevando interrogativi su una campagna che, da iniziativa di salute pubblica, si trasformò in un’esperienza di controllo e limitazione della libertà individuale. Riflettere su queste discrepanze invita a interrogarsi sul valore del dibattito parlamentare e sulla necessità di garantire che le promesse fatte ai cittadini trovino riscontro nella realtà dei fatti.